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Transizione Ecologica

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“Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro #tuttoèconnesso”. 49ª Settimana sociale - Taranto 21-24 ottobre 2021

L’inquinamento, la distruzione della biodiversità, i cambiamenti climatici chiamano a sfide epocali. In passato i credenti sono stati variamente etichettati: cattolici democratici, cattolici liberali, clerico-fascisti, cattocomunisti. La 49ª Settimana sociale punterà i riflettori sul rapporto tra ecologia ed economia. Ma non sarà il battesimo di un “catto ecologismo” che sostituisca il “principio-persona” con nuovi fideismi ideologici. Nella transizione ecologica che ci attende è fondamentale l’assunzione antropologica della categoria della fraternità per evitare un duplice rischio: un nuovo dogmatismo ecologista e una sostenibilità tecnocratica. La salvaguardia del creato si radica nella dimensione trascendente della persona. La pandemia ci ha reso ancora più chiara la chiamata che ci viene dal volto dell’altro. Occorre pensare al di là di sé e scoprire la verità della relazione, il legame che ci unisce. Da questo punto di vista, la parabola del Buon samaritano si rivela chiave ermeneutica della realtà umana contemporanea. Siamo obbligati a una scelta di fondo: essere samaritani o egolatri.

La relazionalità umana ci chiama a oltrepassarci. Nel Samaritano riconosciamo Cristo stesso che incarnandosi si china sull’umanità e sulla terra ferita. C’è bisogno di uno sguardo contemplativo per illuminare i diversi aspetti della crisi antropologica contemporanea. E veniamo al punto su cui si concentrerà la Settimana sociale di Taranto: la sostenibilità. La sfera economica non è né eticamente neutrale, né di sua natura disumana e antisociale. Poiché appartiene all’attività dell’uomo dev’essere strutturata eticamente perché è sempre minacciata dalla rapacità umana. Luigi Einaudi ci ricorda che «chi cerca rimedi economici a problemi economici è sulla falsa strada. Il problema economico è l’aspetto e la conseguenza di un più ampio problema spirituale e sociale». Per evitare che prevalga solo uno degli aspetti della sostenibilità, quello ecologico, o quello economico e tecnocratico, c’è bisogno di una autentica “sostenibilità umana”, che comprenda fraternità e dimensione contemplativa La dignità della persona è per noi il criterio cardine della sostenibilità. La transizione ecologica sarà umanizzante se saprà mettere al centro la persona e i beni relazionali. La salute dei popoli, i cambiamenti climatici, l’inquinamento, la distruzione della biodiversità chiamano a sfide epocali.

Vediamo i limiti di un «eccesso antropocentrico» (LS 116). Ma siamo vigili anche sui rischi di un geocentrismo panteista, facile preda di una tecnocrazia al servizio dei gruppi di pressione più forti. Non possiamo lasciare alle nuove generazioni un’Italia inquinata, con vaste sacche di povertà, indebitata, inefficiente, non aperta all’Europa. La sostenibilità non può essere contrapposta allo sviluppo integrale di cui parlava Paolo VI nella Populorum progressio, per mancanza di fiducia nelle capacità umane di “coltivare la terra”. Non dimentichiamo che un’altra parola magica, la famosa “flessibilità”, spesso è diventata “precarietà”.

Seguendo le intuizioni della “opposizione polare” di Romano Guardini, dobbiamo imparare a tenere insieme i diversi piani, ricordando che spesso la sintesi hegeliana, cancellando una delle diverse prospettive (ad esempio eguaglianza contro libertà) ha esiti totalitari. Le diverse polarità si possono tenere insieme: non c’è inclusione sociale senza prosperità economica e imprenditorialità diffusa. La crescita deve fare i conti con l’ecosistema. L’interesse individuale va conciliato con il bene comune.

Stato e Regioni non vanno contrapposti. L’assistenzialismo lascia debito “cattivo” alle generazioni future. Non si può realizzare la transizione ecologica senza o contro il mondo dell’impresa. Senza imprenditori non c’è lavoro. Senza imprenditori virtuosi non c’è futuro. L’uomo e la donna non sono il virus della terra, al contrario sono chiamati a coltivare il creato, come ha fatto il monachesimo bonificando e rendendo fertili le terre incolte e salvaguardando la vocazione dell’uomo all’eternità. La scelta di Taranto non è casuale. Questa città è un concentrato di contraddizioni e un laboratorio in cui sperimentare che economia ed ecologia possono marciare insieme. Non esiste la decrescita “felice”, ma rischiamo una drammatica “decrescita infelice”.

È necessaria una transizione ecologica che porti all’adozione di un’economia circolare. È possibile tenere insieme sviluppo economico e sostenibilità, difesa dell’ambiente e creazione di nuovi posti di lavoro, dimensione globale e territorio. Un chiarimento doveroso: la 49a Settimana sociale non è uno dei tanti convegni. È un processo che si è già avviato con molteplici iniziative. Cito tra le altre il X Festival della Dottrina sociale che si è svolto a Verona e in 28 città nel novembre 2020. Le Settimane sociali vanno solidamente agganciate alla realtà di base delle nostre comunità parrocchiali e diocesane. Molto si gioca sul lavoro preparatorio. I delegati delle diocesi non sono scelti per partecipare a un convegno ma per animare un territorio. Un ruolo speciale spetta alla Pastorale del lavoro con la sua ramificata rete capace di ascoltare la voce delle periferie. Senza dimenticare che la Dottrina sociale non è una “esclusiva” dei cattolici ma un patrimonio messo a disposizione di tutti; non è un sistema chiuso, ma un cantiere aperto in cui il Vangelo incontra le res novae, una bussola che può aiutarci a orientare la transizione ecologica verso esiti pienamente umani.

C’è chi la pratica senza conoscerla, e chi la conosce senza praticarla. Disprezzata e censurata da alcuni, rappresenta oggi ciò che di più vitale esiste nel panorama della cultura politica mondiale. Se guardiamo le cose in profondità ci accorgiamo che quella ecologica è una questione spirituale. L’ecologia integrale mette al centro la persona come prospettiva delle prospettive, assumendola nell’insieme delle sue componenti spirituali, materiali, razionali, emozionali e nella capacità di generare legami comunitari. Per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, papa Francesco ha indicato la “cultura della cura”. Prendersi cura delle persone e del creato è impossibile se non riprendiamo a “pensare la persona”. Siamo difronte al risorgere di populismi, sovranismi e nazionalismi chiusi e aggressivi. Ma anche alla volontà di potenza della tecnica. A Taranto proporremo una transizione ecologica che non dimentichi la dimensione integrale dell’ecologia e valorizzi la persona come realtà relazionale aperta al trascendente.


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